La storia
Un passato tutto da riscoprire, sin dalle origini del nome
Solo fino a poco tempo fa si pensava che il nome “Carretta” derivasse dalla radice celtica “car”, dal significato di “pietra”, in virtù di un consistente banco di gesso che ancora oggi affiora poco distante dall’ingresso della tenuta. Recenti ricerche in archivi medievali effettuate dallo storico Baldassare Molino hanno invece portato alla luce l’esistenza di una nobildonna albese (la “domina Careta”) proprietaria di terreni nel comune di Piobesi (“terre et prati scitam in finibus Pubbliciarum”). La nobildonna, citata anche con il suo cognome (Constanzi), compare in particolare in un atto di compravendita di terreni in Piobesi d’Alba del 1353 rinvenuto nell’archivio dei Conti Roero di Guarene. Nell’atto viene indicata come figlia del nobiluomo albese Ruffino Capre e della vedova del nobiluomo Manuele Constanzi, di cui aveva conservato il cognome. Un altro atto redatto una ventina d’anni prima, nel 1334, cita tra i comparenti alcuni «eredi di Careta Constanzi», presumibilmente la nonna della nostra «domina» Carretta.
Da questi e da altri riferimenti documentali appare quindi evidente che la tenuta ha preso il nome proprio dalla nobildonna che ne fu la prima proprietaria.
28 novembre 1467: da qui parte la storia di Tenuta Carretta
È un contratto di concessione a mezzadria redatto dal notaio Giorgio di Monteacuto il 28 novembre 1467 a poter essere considerato il vero “atto di nascita” della storia della tenuta. In esso l’allora proprietario Andrea Damiano, consignore di Piobesi, dà a coltivare ai fratelli Corrado, Giacomino e Pietrino Porrino le terre e i vigneti della “cassìna Caréta” per nove anni.
Un documento straordinario
Si tratta di un documento di straordinario valore per la sua ricchezza di dettagli. Riporta anche gli obblighi cui i massari devono sottostare nella coltivazione: per quanto riguarda le viti, essi le dovranno ogni anno diligentemente “putare” (potare), “agonzare” (sistemare) “et scarzorare” (scacchiare) e fare tutto quanto è necessario e opportuno, secondo l’usanza.
Podium Serrae (il Podio) è la vigna del privilegio
L’atto si chiude con un’ultima prescrizione: mentre di tutte le uve vendemmiate si farà a metà, quelle dei vigneti della collina del Podio (Podium Serrae) sono riservate al signore, senza impedimenti da parte di alcuno (“salvo et reservato vites Podi Serrae, de quibus se nil impedire teneantur et debeant”): si tratta di una attestazione “ante litteram”, unica nella storia del Piemonte e – forse – d’Italia, della qualità del vigneto che ancora oggi domina sugli altri vigneti aziendali.
I passaggi di proprietà
Nel 1811 la proprietà passa dai marchesi Damiano ai Conti Roero; nel 1939 dai Roero alla famiglia Veglia e, nel 1985, alla famiglia Miroglio di Alba, fondatrice dell’omonimo gruppo tessile.