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I ritratti di Tenuta Carretta: Giovanni Minetti

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Giovanni Minetti

Dopo aver intervistato Ivana Brignolo Miroglio in rappresentanza della proprietà, la nostra rubrica dedicata ai ritratti prosegue con Giovanni Minetti, Ceo di Tenuta Carretta.

Giovanni Minetti può davvero vantare una vita passata nel settore, con importanti incarichi istituzionali. Fino alla scelta, nel 2014, di entrare a far parte della famiglia di Tenuta Carretta, di cui è amministratore delegato.

Giovanni, la tua è una lunghissima carriera nel settore vitivinicolo. Ci potresti raccontare, a sommi capi, le tappe principali?

Ho iniziato a 24 anni come tecnico agricolo alla comunità montana Alta Langa, a Bossolasco, poi – dopo un anno e mezzo – ho vinto il concorso riservato ai dottori agronomi e sono entrato in servizio come funzionario tecnico presso l’Assessorato all’Agricoltura della Regione Piemonte, prima a Cuneo e poi ad Alba. Dal 1982 al 1996 ho svolto il ruolo di direttore dell’Enoteca Regionale del Barolo poi, nel 1996, lasciato il settore pubblico, sono stato chiamato a ricoprire l’incarico di direttore generale di Fontanafredda. Nel 1999 sono stato presidente dell’Associazione Case storiche piemontesi, dal 2001 al 2007 sono stato presidente (poi vicepresidente nel triennio successivo) del Consorzio del Barolo, del Barbaresco e dei vini di Alba, Langhe e Roero. E, come presidente, sono particolarmente orgoglioso di aver realizzato il progetto delle Menzioni Geografiche Aggiuntive per il Barbaresco e per il Barolo, uno strumento straordinario di marketing territoriale e di promozione dei due vini simbolo del nostro territorio. Negli anni sono stato inoltre componente del CDA di vari Consorzi di tutela (Asti, Gavi, Alta Langa e, attualmente, del giovane Consorzio del Roero).

Come sei diventato Ceo di Tenuta Carretta e quale fu il primo mandato della famiglia Miroglio?

Nel 2014 avevo appena lasciato Fontanafredda ed ero impegnato in un progetto di internazionalizzazione con la Vignaioli Piemontesi quando venni contattato da Franco Miroglio che mi propose di collaborare con lui per puntare a migliorare sia la qualità dei prodotti sia il posizionamento sui principali mercati mondiali della gamma dei vini delle tre aziende del Gruppo Terre Miroglio (Tenuta Carretta, Malgrà e la Edoardo Miroglio di Elenovo, nella Tracia bulgara). Si trattava di continuare a valorizzare i tratti distintivi che ciascuna azienda portava con sé: viticoli, enologici, o legati all’ospitalità. Per me era una proposta di grande fascino e responsabilità, e allo stesso tempo una bellissima sfida ed è questo il motivo per cui accettai subito con grande entusiasmo.

Giovanni Minetti, Ceo di Tenuta Carretta

Giovanni Minetti, Ceo di Tenuta Carretta

Quali sono i principali obiettivi raggiunti da Tenuta Carretta negli ultimi anni?

La crescita del fatturato sarebbe una risposta troppo banale, perché è in realtà una conseguenza, è l’effetto di scelte fatte per la valorizzazione del sottostante, e gli obiettivi non sono che tappe di un percorso di miglioramento continuo, in una situazione sempre mutevole e dinamica. La sfida quindi si rinnova, ed è quella di riuscire ogni anno a produrre vini di maggior qualità attraverso una viticoltura di tipo sostenibile e di vedere riconosciuto dal mercato il giusto valore agli sforzi fatti. Sotto questo punto di vista la voglia di far bene della famiglia Miroglio continua a rappresentare per me e per tutto il nostro gruppo di lavoro una spinta decisiva: grazie agli investimenti effettuati è stato possibile provvedere alla riorganizzazione interna delle competenze, a una migliore definizione della diversa vocazione dei vigneti di proprietà, ai necessari miglioramenti nell’area tecnica per la vinificazione e l’affinamento, a un’azione di comunicazione efficace e mirata allo sviluppo e al rafforzamento del marchio sui diversi mercati.

Tenuta Carretta è una realtà dinamica, in continua trasformazione. Come la immagini in un prossimo futuro?

Tenuta Carretta, grazie alla sua storia plurisecolare (555 anni proprio quest’anno) e alla qualità dei suoi prodotti si colloca oggi nella ristretta cerchia delle aziende italiane storiche e produttrici di vini di alta qualità: una collocazione mai urlata, ma discreta. Credo sia importante non considerarla uno “status”, bensì – mutuando l’espressione dal mondo dell’alpinismo – una specie di “campo base” in alta quota, da cui ripartire ogni volta per l’apertura di una nuova via verso la vetta. Il mondo di Tenuta Carretta è stato definito una “costellazione di eleganza”, e credo che sia una definizione molto azzeccata, in cui mi ritrovo e che dà ragione a tutte le iniziative che saranno intraprese quest’anno e nei prossimi. Sotto questo profilo anche l’adesione di Tenuta Carretta al circuito di The Grand Wine Tour, che unisce produttori italiani che si riconoscono nella qualità dei vini e dell’accoglienza, è più di un “manifesto”: dimostra il desiderio dell’azienda di essere visibile e apprezzata nella discrezione e nelle cose fatte bene, producendo vini di qualità per una migliore qualità di vita.

Anche a te chiediamo l’impossibile: qual è la tua etichetta del cuore e perché?

Ad ogni vino di Tenuta Carretta sono legato per mille motivi, perché di ognuno ho cercato di scoprirne il segreto nascosto, ma la mia etichetta del cuore è il Barolo Cannubi. Perché è un grande vino, avvolgente e coinvolgente, di grandissima armonia ed eleganza. Perché il Barolo è il mio vino, artefice della mia crescita professionale (e non solo), e perché Cannubi è una vigna evocatrice di incontri e di momenti importanti della mia esperienza di lavoro a Barolo. Quando ho iniziato la mia collaborazione con Tenuta Carretta, nel settembre 2014, e sono arrivato per la prima volta al terrazzo naturale antistante il ristorante (la Locanda in Cannubi, n.d.r.) mi sono letteralmente commosso nel vedere la distesa sottostante dei vigneti di Cannubi e, di fronte, quella di Brunate, di Cerequio, Sarmassa, Liste… vigne che avevo camminato per tante volte ma che non avevo mai visto da quella prospettiva: vigne che ora erano lì, di fonte a me, tutte insieme che sembrava di poterle quasi toccare: un’emozione fortissima.

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