Cantina, Ospitalità, Vini

Tempo, acciaio e legno: ecco le materie prime della nostra cantina

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La materia prima di una cantina è il vino, ma il suo carburante è il tempo.

Il tempo è un’agente di trasformazione. Accoglie il vino quando è ancora “in fasce” e lo fa crescere, lo stabilizza e lo porta a maturazione attraverso una serie di modificazioni fisico chimiche che, se ben condotte, ne rivelano il pieno potenziale.

Se il tempo è il “pedagogo” del vino, le botti sono la sua “culla”.

Dopo che i grappoli sono stati diraspati e gli acini pigiati, il mosto fermenta, poi viene svinato e messo in vasca o in botte. Da allora, inizia un lungo periodo di incubazione, in cui – istruito dal tempo e accudito dalla sua botte – il vino continua ad avere interessanti “scambi” con l’ossigeno e i materiali di cui è fatto il suo contenitore.

L’ACCIAIO

I vini che affinano in vasca d’acciaio, di solito, sono i vini che si berranno giovani, dal carattere più fresco e beverino. L’acciaio preserva la loro “spontaneità”: non cede nulla al vino e non fa passare l’ossigeno. Preserva dunque i profumi e gli aromi del vitigno originale e quelli della fermentazione, che vengono detti rispettivamente «primari» e «secondari». L’acciaio però è sensibile agli sbalzi di temperatura (che non fanno mai bene): viene perciò dotato di intercapedini o di serpentine dove circola un fluido che mantiene la temperatura costante (può essere riscaldato o raffreddato). Quando si parla di vasche d’acciaio, infatti, si intendono sempre «a temperatura controllata».

IL LEGNO

Diverso il discorso per il legno, materiale poroso, la cui temperatura non può essere modificata, ma che per sua natura è isolante, quindi tende a mantenere le temperature costanti. Nel legno vengono messi a riposare i vini più importanti, di solito dotati di una grande struttura di partenza, ottenuti da vitigni che sono naturalmente inclini ad affrontare affinamenti più lunghi. Il nebbiolo, ad esempio, è uno di questi: per diventare Barolo deve sostenere almeno 38 mesi di affinamento, di cui 18 passati in botte. Ma se prendiamo il Cannubi Barolo Riserva Docg “Collezione Franco Miroglio” di Tenuta Carretta, allora i mesi di affinamento sono ben 60, di cui almeno 36 passati in legno.

Il bello della botte è che esalta le proprietà del vino attraverso due processi fondamentali: uno scambio vino-ossigeno grazie alla naturale traspirazione attraverso i pori del legno; e la cessione di tannini e altre sostanze aromatiche presenti nelle doghe. Entrambi i processi devono essere delicati e ben “dosati”: se condotti in modo approssimativo o troppo aggressivo possono rovinare il vino in maniera irreparabile. L’ossigenazione dei vini rossi, per fare qualche esempio concreto, regala ai vini aromi di prugna, frutta cotta e secca, fiori appassiti. Le cessioni del legno (che dipendono da moltissimi fattori come l’età della botte, se è stata o meno già usata, l’eventuale tostatura e il tipo stesso di legno) facilitano la stabilizzazione del vino, la fissazione del colore e regalano sentori tostati, di spezie, cioccolato, vaniglia.

Tutti gli aromi che il vino sviluppa in fase di affinamento vengono detti “terziari” e costituiscono l’indispensabile l’evoluzione di quella che è l’impronta naturale del vitigno (nebbiolo, barbera, dolcetto per fare qualche esempio) che resta l’anima più autentica di un vino, il vero “manifesto” del suo carattere e della sua origine in un determinato territorio.

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