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Alta Langa, una felice intuizione
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Nel post precedente abbiamo visto come, nei primi anni ‘90, il “Progetto Spumante” rappresenta la base sperimentale per valorizzare il Metodo Classico del Piemonte. L’alleanza tra le case spumantistiche del Piemonte più importanti e di maggior tradizione (le cosiddette “Sette sorelle”) getta le basi per iniziare un percorso viticolo ed enologico che ha un obiettivo preciso: dimostrare che il Piemonte ha le condizioni ambientali idonee per la produzione di bollicine di alta qualità, capaci di competere sul mercato, nazionale e internazionale.
>> Leggi qui la prima parte dell’articolo: “Alta Langa, le origini del Metodo Classico Piemontese
DALLA TRADIZIONE SPUMANTE ALLA DOCG “ALTA LANGA”
di Giovanni Minetti
La formula spontanea di un gruppo di aziende motivate da obiettivi comuni e disposte a lavorare e a investire per dare vita a qualcosa di nuovo nell’ambito del settore vitivinicolo piemontese lascia presto il posto a un Comitato di Coordinamento costituito in associazione il 4 giugno 1993 e denominato “Tradizione Spumante”. A presiedere il primo triennio viene chiamato Alberto Contratto. Nel frattempo l’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Asti e la componente tecnica del precedente “Progetto Spumante” progettano un secondo lotto di impianti sperimentali, completato con la messa a dimora di altri 20 ettari di vigneti di Pinot nero e Chardonnay che vanno ad aggiungersi ai 18 già messi a dimora nell’anno precedente. Il 1994 si apre con il primo avvicendamento all’interno dell’associazione: la Contratto, per avvenuto cambio di proprietà, lascia il gruppo e ad essa subentra la Barbero 1891. La presidenza, fissata di durata annuale, viene affidata a Giuseppina Viglierchio, alla quale sarebbero poi succeduti, nel corso degli anni successivi, Vittorio Vallarino Gancia, Gianfranco Caci, Lino Moncada, Giovanni Minetti, Giorgio Giusiana, Ottavio Riccadonna e Giulio Bava.
Intanto, continua lo sviluppo della base viticola, che vede salire a 48 ettari la superficie dei vigneti, una piattaforma sperimentale unica nella storia del vino. Negli anni successivi, tra il 1992 ed il 1997, con la collaborazione di una cinquantina di viticoltori esperti, preparati e disponibili ad accettare la sfida, la superficie vitata del progetto si stabilizza a circa 55 ettari.
IL DIFFICILE ITER DELLA DENOMINAZIONE
Con la vendemmia 1994 i primi impianti sperimentali erano entrati in produzione e l’uva sin dalla prima vendemmia veniva raccolta in piccoli contenitori, secondo il protocollo di lavoro predisposto per la sperimentazione enologica da Geoges Hardy, enologo della Stazione enologica dello Champagne. Le vinificazioni delle due prime annate vennero condotte presso lo stabilimento Gancia e con la collaborazione dell’enologo Corrado Cavallo. Dall’annata 1996, poco per volta, tutte le Case storiche perfezionarono i loro impianti per accogliere le uve e vinificarle nel modo più adeguato. I vini ottenuti non potevano però avere uno sbocco commerciale: la produzione dei vini derivanti da vigneti sperimentali non solo non poteva essere commercializzata ma, al contrario, al termine della sperimentazione, avrebbe dovuta essere conferita alla distillazione, in ossequio alle norme vigenti.
Quindi si trattava di dare un orizzonte temporale alla sperimentazione e, allo stesso tempo, di avviare l’iter per il passaggio dalla sperimentazione alla produzione vera e propria.
Nel 1997, la denominazione “Tradizione Spumante” viene abbandonata per diventare “Case Storiche piemontesi”. Mentre sia nel vigneto che in cantina prosegue il lavoro sperimentale, i rappresentati dalle Case storiche da un lato e i viticoltori titolari dei vigneti dall’altro cominciano a incontrarsi per insieme definire meglio gli aspetti qualitativi del prodotto finito e ipotizzare una prima strategia commerciale.
La denominazione del nuovo prodotto diviene quindi ben presto il problema centrale e non certo di facile soluzione. Dopo aver affidato l’incarico di individuare una serie di nomi a una importante agenzia di comunicazione pubblicitaria di Torino, con esiti assai deludenti, fu chiaro per tutti che il passaggio necessario era quello di lavorare a una denominazione che avesse precisi riferimenti geografico-territoriali, abbandonando definitivamente la ricerca di marchi di fantasia più o meno accattivanti, politica cara per lo più alle grandi aziende industriali.
In un primo tempo si pensò quindi all’ipotesi di collegare il nuovo prodotto alla “Doc Piemonte”, considerandolo come una variante “premium” della medesima. In tal caso, la denominazione scelta avrebbe potuto essere “Piemonte Classico”, che non venne però ritenuta dalle Case sufficientemente convincente. Per lo stesso motivo vennero scartate le proposte “Canelli” (denominazione vista più idonea a indicare un Moscato) e “Alba”, denominazione proposta in affiancamento alle già note “Asti” (spumante bianco dolce) e “Acqui” (spumante rosso dolce).
L’incertezza era grande quando – era il 1998 – Giovanni Minetti suggerì l’ipotesi “Alta Langa”. Fu un’intuizione fortunata: subito si capì che la scelta era quella giusta e, d’incanto, tutto il processo subì un’accelerazione, in nome di una nuova consapevolezza divenuta ben presto patrimonio comune, sia della parte agricola sia della parte produttiva.
LA REGISTRAZIONE DEL MARCHIO “ALTA LANGA”
Nonostante l’iter burocratico fosse stato avviato tempestivamente, tuttavia il riconoscimento della denominazione tardava ad arrivare. Il protrarsi di tale attesa da un lato e, dall’altro, la presenza di crescenti stock in cantina di prodotti a un ottimo stadio di affinamento e di qualità, consigliò alle Case Storiche Piemontesi di attivarsi in modo da poter utilizzare, dal febbraio 2001, il marchio collettivo “Alta Langa”. Fu un atto di coraggio e, nello stesso tempo, di cautela: se la Denominazione di origine avesse tardato troppo ad arrivare, le aziende avrebbero potuto comunque caratterizzare la loro produzione e affrontare il mercato con questo marchio, mantenendo il riferimento dell’origine legato alla “Doc Piemonte”, al cui Albo i vigneti sperimentali del “Progetto Spumante” erano stati iscritti fin da subito, e utilizzando il marchio “Alta Langa” come per indicare una sottozona.
Le pratiche per il riconoscimento arrivarono finalmente a conclusione il 16 ottobre 2002 con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto che istituiva la DOC Alta Langa, in tempo per la prima rivendicazione, ovvero con la produzione della vendemmia dello stesso anno (a scapito del prodotto delle annate precedenti, che dovette essere fatto uscire sul mercato senza denominazione alcuna).
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NASCE IL CONSORZIO DI TUTELA
Nel frattempo, il 15 giugno 2001, per dare maggior forza all’istanza, era stato costituito il Consorzio di tutela Alta Langa, sotto la presidenza del dottor Giorgio Giusiana, in rappresentanza della Martini&Rossi. Giusiana venne seguito poi nell’incarico da Carlo Bussi, in rappresentanza dei viticoltori, da Lamberto Gancia e, infine, da Giulio Bava, attuale presidente.
IL RICONOSCIMENTO DELLA DOCG
Ultimo atto della sinora breve storia dell’Alta Langa è il riconoscimento della Docg, avvenuto il 16 novembre 2010 con pubblicazione del Decreto sulla Gazzetta Ufficiale il 21 febbraio 2011, lasciando questa volta alle aziende la possibilità di rivendicarne la retroattività sino alla vendemmia 2008.
Nella prima vendemmia, quella del 1994, il quantitativo di uve vinificato fu di circa 900 quintali. A partire dal 1997 la stragrande maggioranza dei vigneti era divenuta produttiva e, per qualche anno, la produzione rimase limitata ai 4 mila quintali di uva, in grado di dare origine a circa 350 mila bottiglie.
Oggi, dopo 25 anni, gli ettari in coltura sono circa 360, con una produzione potenziale complessiva annua di 3,5 milioni di bottiglie.
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