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Alle origini del Barolo: sfatando il mito di Oudart
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Da quando ho iniziato a scrivere sul vino italiano nel 1998, sono rimasto esterrefatto dal fatto che molte delle personalità che scrivevano di vino, tra cui anche nomi rispettati, continuassero a diffondere la leggenda per cui fu il francese Luois Oudart a creare il moderno stile di Barolo.
Secondo questa verione il Conte di Cavour chiese ad Oudart, un commerciante del diciannovesimo secolo che risiedeva in Liguria, di aiutarlo a modernizzare la sua cantina e i suoi metodi di vinificazione.
Mentre esistono delle prove sul fatto che Oudart lavorasse in Piemonte al tempo di Cavour, dalla corrispondenza del conte non risulta che ci fosse stato nessun contatto tra i due.
Alcuni anni fa, dedicai due giorni a sfogliare l’intera corrispondenza di Cavour quando ne ebbi il privilegio alla Columbia Univerity. Da allora, ho usato Google Books per cercare in quelle lettere un qualsiasi riferimento ad Oudart (per accertarmi di non aver perso qualche passaggio quando avevo consultato la copia cartacea).
Ogni filologo che si rispetti vi direbbe, mai dire mai. Ma sono piuttosto convinto che non ci sia nessuna menzione ad Oudart ritrovabile nella corrispondenza di Cavour.
Alla luce del fatto che Cavour scrivesse occasionalmente dei vini che aveva assaggiato sia Piemontesi che Francesi, un suo collegamento con “Oudart” continua a sembrarmi improbabile
Poi nel 2012, Slow Food ha pubblicato “Louis Oudart e I vini nobili del Piemonte – Storia di un enologo francese” di Anna Riccardi Candiani sfatando una volta per tutte il mito per cui fosse stato Oudart ad avviare il Barolo verso la moderna vinificazione.
Il libro non è stato ancora tradotto in lingua inglese (nè è disponibile online). Ma alcune delle scoperte di Candiani sono state parzialmente tradotte e sintetizzate dall’autore (anonimo) di un blog fantastico, The Years of the Grape.
“A pagina 47” scrive l’autore “Candiani fa la sua scioccante rivelazione: “Da molti anni la vox populi identifica Oudart come l’inventore del Barolo. Si suppone che venne chiamato da Giulia Colbert in Falletti, come lui francese, per lavorare nelle sue cantine di Barolo. Sebbene abbia condotto approfondite ricerche tra archivi e biblioteche, non ho trovato un solo documento che desse credito ad un possibile legame tra l’enologo ed il Barolo. Mi dispiace deludere i sostenitori di questa storia ma è mio dovere dichiarare che non ha fondamento“.
Evidentemente, e non ne ero a conoscenza prima di aver letto The Years of the Grape, questa teoria, ritenuta un fatto realmente accaduto, venne resa popolare dall’opera di Manescalchi e Dalmasco: “Storia della vite e del vino in Italia”, pubblicata per la prima volta nel 1937.
Da allora, è stata riportata da moltissime persone che scrivono di vino e che non ebbero il coraggio ed i mezzi per “guardare oltre i testi sacri” come scrisse Nietzsche nel “Il Crepuscolo degli Idoli”.
Ci sarebbe moltissimo da dire sulla questione, ma questo è tutto quello che posso dirvi col tempo a disposizione oggi. Seguiteci ne i prossimi post della serie sulle origini del Barolo per il blog di Tenuta Carretta.