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La crociata enologica di Cavour: fare del Barolo uno dei più grandi vini al mondo
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La scorsa settimana abbiamo postato un estratto della lettera che Camillo Benso Conte di Cavour scrisse nel 1845, la quale testimonia l’inizio della sua crociata enologica per creare in Piemonte un vino che rivaleggiasse con quelli della Borgogna in qualità. Tuttavia, notò che i vini della sua regione nativa, mancavano del bouquet raffinato tipico dei vini francesi.
Si tratta di uno scritto davvero importante che rivela molto delle origini del Barolo.
Ma facciamo prima un passo indietro.
Camillo Benso, Conte di Cavour (1810-1861), fu un grande uomo di stato, e uno dei principali fautori sia dell’unità che dell’indipendenza italiana dal giogo straniero. Era inoltre il primo ministro della neonata monarchia Italiana.
Aveva diversi possedimenti terrieri, per cui potremmo definirlo un gentiluomo di campagna e come molti suoi pari anche produttore vitivinicolo, per il semplice fatto che nelle sue tenute si produceva vino – tendenzialmente atto al consumo locale o ad essere scambiato come valuta.
Il castello appartenuto alla sua famiglia che svetta sul paese di Grinzane (oggi noto come il castello di Grinzane Cavour), appartiene ad oggi ai territori di Barolo, dove viene ospitato un museo dedicato al vino.
Ma torniamo alla nostra lettera…
Una delle cose più eccezionali che si evincono da questa corrispondenza sta nella descrizione della qualità e del bouquet del vino di Sizzano, che dista all’incirca un’ora e mezza di auto (ai tempi di Cavour si rivelava un viaggio ben più lungo). Eppure al tempo stesso pare disdegnare i vini che venivano prodotti nei suoi possedimenti, aree che al giorno d’oggi rientrano nell’appellazione Barolo.
Secondo il mio punto di vista questo sostiene che ai tempi di Cavour, Barolo non godesse di notorietà per quanto concerne la produzione vinicola.
Credo che questo vada in contraddizione con la credenza che le Langhe producano da secoli vini degni di fama mondiale. Penso invece che sia proprio il contrario: la Langa è stata per lo più una regione sfortunata. Solo dopo la Seconda Guerra Mondiale e la ripresa economica è diventata un centro economico vigoroso (Angelo Gaja per esempio ama ricordare come gli abitanti di Barbaresco, oggi una delle destinazioni più esclusive, non avessero acqua corrente fino agli ani Sessanta).
Il suo ritrovato interesse nei confronti di un vino proveniente dal Novarese è anche indice di come lì la vinificazione fosse più avanzata rispetto ai giorni nostri.
Leggendo i testi italiani sul vino risalenti agli anni Cinquanta ci si accorge di come venisse data più importanza a Gattinara che a Barolo. Questo perché nel Novarese e nel Vercellese le pratiche enologiche erano più avanzate nel momento in cui arrivò la ripresa economica nel dopoguerra.
La prima volta in cui il Barolo venne riconosciuto come appellazione fu nel 1933, quando il regime fascista pubblicò il suo primo sondaggio sul panorama viticolo del tempo (la DOC venne poi creata nel 1966).
Oggi Cavour è largamente visto come colui che ha condotto il Barolo verso le moderne tecniche di vinificazione. Nella mia ricerca, ancora in itinere, spero di scoprire ulteriori documenti che avvalorino quest’ipotesi.
Ma dal tempo in cui scrisse la lettera nel 1845 alla sua morte nel 1961 passarono solo 16 anni. E che anni frenetici devono essere stati per questo personaggio coinvolto nelle guerre d’Indipendenza italiane nel suo ruolo di primo ministro.
Continua…